martedì 6 novembre 2012

HORROR Vacui

"Horror Vacui - Dolci torture del segno sulle pagine dell'anima"


Esposizione di grafica, disegno e incisioni d’arte di Arlecchino Claudia Contin
Studio d’Arte e Artigianato “Porto Arlecchino”

Presso la sede ENAIP di Pordenone, Via Montini, 12, venerdì 9 novembre 2012 alle ore 18.30
La mostra rimarrà poi aperta al pubblico fino al 31 gennaio 2013























Horror: sta per “paura”, o di più, ripugnanza, disprezzo, panico, inquietudine, sgomento, angoscia… Vacui: significa “del vuoto”, del nulla, dell’ammanco, del vano, del non senso…
Con questa locuzione latina “Horror Vacui” la storia dell’arte definisce fenomeni di ogni tempo, dall’antichità al postmoderno, e di ogni luogo, dall’Europa alla Tanzania. Tutti hanno in comune, oltre che lo spazio “occupato ed arricchito” in ogni suo interstizio da particolari finemente dettagliati, anche quel senso dell’infinito che viene richiamato, evocato ed aperto dall’opera stessa. L’opera d’arte si concretizza, dunque, come vera e propria soglia, come finestra, come tramite con un mondo invisibile che, attraverso la progressiva insistenza su ogni minimo particolare, diventa molto più che visibile... ovvero diventa palpabile, tangibile, presente. Una “texture” della visione, che si arricchisce man mano che ci si avvicina all’opera, che si entra in essa. E paradossalmente, il “pieno” dell’opera, con la sua ribellione al vuoto e al non-senso, fa intendere “molto di più” – un “infinito altrove” appunto – al di là delle sue cornici e al di sotto della sua elaboratissima superficie.
Claudia Contin Arlecchino ci guida, con le sue raffinate incisioni, proprio al centro di questa meravigliosa vertigine, da lei ereditata e rinnovata con un senso ostinato della filigrana del segno, che allude ad artigianati ancestrali, a pazienze proverbiali, a responsabilità innocenti e totali. L’artista ci guida ad incontrare i temi del mistero, in anime tormentate tanto dall’introspezione e dall’autoanalisi, quanto da una stuporosa ed affamata curiosità verso l’altro-da-sé e verso le infinite dimensioni della realtà. Ed è proprio dalle meticolose evoluzioni della loro variegata ed inarrestabile complessità, che i temi del “mistero” ricavano uno statuto di drammaticità e di dolore, diventando veri e propri “misteri dolorosi”, atti a tormentarci e a pacificarci insieme, in un infinito e delicato vibrare di emozioni.
La bellezza, coltivata dall’artista con felici intuizioni, sapienti riferimenti ed originali omaggi all’universalità dell’arte, rende però davvero dolce e leggero il passaggio – per altro senza sconti né  rinvii – di queste tracce di dolore incise, di questo tormento raffinatissimo ed instancabile, sul libro delle nostre menti e delle nostre anime, ricco di storie che nello specchio dell’arte cercano di decifrare se stesse.
Con il tempo, l’horror vacui dell’artista si è lentamente concentrato verso il centro dell’opera, tralasciando la periferia e i margini. Eppure non ha perso, e anzi ha affinato quella necessaria virtù di unire crudeltà e consolazione, mentre al contempo avvicina sempre di più le sue tematiche ai fenomeni, ai sogni o agli incubi del nostro tempo attuale.

Ferruccio Merisi
Responsabile Comunicazione
“PORTO ARLECCHINO”